Fermi, non ci vuole certo uno scienziato per dirci che il mondo di Nameless Land tratta un'apocalisse molto fantastica su alcuni punti (seppur realistica in altri), quindi questo spazio vuole essere dedicato a un simile ambiente se preso da una diversa angolazione, magari appunto più realistica... Ma alla fine, sono solo congetture e nient'altro! Quì sotto, come sempre, i precedenti capitoli.
Buona lettura! :)
Capitoli 1, 2 e 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Nell'ultima parte abbiamo cominciato ad analizzare le diverse tipologie di sopravvissuti all'interno di una realtà post-apocalittica, parlando del sedentario. E in questa seconda parte, vi presentiamo il viandante.
IL VIANDANTE
Come dunque abbiamo appurato, non sempre uno stile di sopravvivenza statico è sempre consigliabile e anzi, il tutto potrebbe cambiare in un attimo, facendo ritrovare un individuo abituato alla sedentarietà, impossibilitato a cavarsela all'esterno delle mura che fino a un momento prima lo hanno protetto e nutrito.
Ed è in previsione di simili epiloghi che il vagabondaggio ricopre un'altra importante branchia dello stile di sopravvivenza.
Nei film, nei romanzi e nei fumetti, la figura del coraggioso viandante che esplora un mondo in rovina affidandosi unicamente alle proprie capacità, richiama in noi una sorta di spirito che ci spinge all'avventura e all'ebbrezza di mettersi in gioco, di mostrare al mondo di poter lottare (e vincere!) contro le più disparate avversità. Di certo un simbolo d'effetto. Ma non ci vuole un genio per arrivare a pensare a quanti aspetti negativi potrebbe avere un simile stile di vita: la solitudine innanzitutto, il non poter contare su aiuti di alcun genere, dover essere sempre preparato a ogni evenienza, essere svegli, pronti e tenere sempre la mente reattiva per non andare incontro alle morti più atroci, che diversamente preoccuperebbero un normale cittadino di un buon insediamento: inedia, infezioni, attacchi di animali feroci o di banditi, avvelenamento da radiazioni e così via. Tutte cose di certo evitabili, ma che per farlo richiedono preparazione sia fisica che mentale, una propensione unica alla sopravvivenza, riflessi pronti e reattivi e un'organizzazione impeccabile.
C'è da dire che tutte queste cose rientrano nel nostro essere, nella psiche e nell'istinto di un essere umano... Certo, se sei idiota, idiota rimani, ma anche un inetto può un minimo attingere alle capacità di adattamento e di sopravvivenza innate dell'essere umano, al fine di creare le basi per diventare un vero viandante veterano e beneficiare anche degli aspetti positivi di quello che comporta: sei da solo, non dovrai mai tenere conto di niente e di nessuno poiché avresti tempo e modo di pensare solo a te stesso, non saresti mai individuabile poiché l'intuito ti spingerebbe a restare sempre in movimento e soprattutto, a non immischiarti in faccende che non ti riguardano (sarai anche un vagabondo solitario, ma di certo non un eroe), saresti preparato ad ogni cosa e in grado di mettere in conto qualsiasi risvolto negativo delle tue azioni, avrai le capacità necessarie per cacciare, per curarti le ferite, per trovarti un riparo... Il mondo sarebbe la tua casa e ti sentiresti a tuo agio abitandoci, rinunciando ovviamente (e questo lo insegna la psicologia) a ogni rapporto umano, perché nel tuo caso i sentimenti porterebbero ad abbassare le aspettative di sopravvivenza di almeno il 50%.
Per il momento a voi la scelta: sicurezza di un insediamento protetto ma con la consapevolezza di essere costretti a dover convivere con una comunità di persone non sempre amichevoli e al dover contare su altri individui per quanto riguarda la vostra sicurezza e il vostro sostentamento, oppure l'imparare a vostro rischio a cavarsela con le proprie forze, rischiando ogni giorno lo propria vita e abbandonando la civiltà, ma diventando un veterano della sopravvivenza.
Nel prossimo capitolo (si spera non fra altri 6 mesi), concluderemo la parte dedicata agli stili di sopravvivenza parlando del GRUPPO NOMADE.
Alla prossima, sopravvissuti!
Immagini scaricate da:
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http://www.badtaste.it/articoli/george-miller-racconta-il-suo-mad-max-fury-road
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